FAQ

Domande frequenti

Le sedute di psicoterapia con un bambino si svolgono all’interno di un clima relazionale accogliente e sereno, che aiuti il bambino ad aprirsi e a stabilire gradualmente una fiducia nella relazione terapeutica. Il lavoro di psicoterapia prevede incontri regolari della durata di 45 minuti, solitamente a cadenza settimanale. Nella stanza di terapia, il terapeuta mette a disposizione del bambino dei materiali che lo aiutino ad esprimersi nel modo per lui più naturale e spontaneo e ad entrare gradualmente in contatto, tramite la relazione terapeutica, con il suo mondo interiore. Il gioco, il disegno e la creazione di storie rappresentano gli strumenti principali del lavoro di psicoterapia con un bambino. Attraverso questi canali, il terapeuta aiuta il bambino a rappresentare i propri vissuti e dare gradualmente forma e significato a esperienze emotive prima confuse e indefinite o a fantasie e angosce profonde difficilmente esprimibili a parole.

La durata del percorso è molto variabile a seconda della situazione e dipende fortemente dall’intensità dei sintomi e dalla motivazione ad ingaggiarsi nel lavoro di terapia da parte del paziente e della sua famiglia. Tuttavia, capisco bene l’esigenza di avere in mente una prospettiva temporale più definita per poter affrontare il percorso con maggiore fiducia e serenità. Per questo motivo, propongo generalmente un numero definito di incontri, concordato insieme al paziente e/o ai suoi genitori all’inizio del percorso ed eventualmente rinnovabile: nella mia esperienza, questo facilita la focalizzazione sugli obiettivi sia per il terapeuta che per il paziente, che può sentirsi inoltre meno spaventato e maggiormente coinvolto nella definizione del “contratto terapeutico”. Molto spesso il paziente e i suoi genitori decidono di proseguire il lavoro ben oltre il numero iniziale di sedute concordate, poiché trovano nella relazione terapeutica uno spazio di ascolto accogliente e non giudicante che permette loro di raggiungere una più profonda consapevolezza di sé e un maggiore benessere nella vita quotidiana.

No, la maggior parte degli adolescenti si trova a combattere con sintomi di ansia, stress o depressione in alcuni periodi della crescita. Benché la gravità dei sintomi sia molto variabile da situazione a situazione, la loro diffusione è molto maggiore di quanto i genitori e i ragazzi tendano a credere. Se tuo figlio presenta sintomi di ansia o depressione non significa che ci sia qualcosa di “sbagliato” in lui, può essere invece che si trovi intrappolato in un circuito vizioso di preoccupazioni e pensieri negativi e che abbia bisogno di un aiuto per ritrovare la strada giusta. È importante spiegare al proprio figlio che chiunque può sentirsi bloccato o confuso in alcuni momenti della vita e che riconoscere il bisogno di aiuto presuppone coraggio e determinazione.

Costringere una persona ad affrontare un percorso di terapia senza che questi senta dentro di sé una reale motivazione è inutile e controproducente. Come genitori, si può incoraggiare il proprio figlio a fare una o due sedute conoscitive, offrendogli la possibilità di decidere se si trova bene e vuole continuare o preferisce provare con un altro terapeuta. La mia esperienza nel lavoro con gli adolescenti mi ha fatto capire che molti disagi che gli adolescenti percepiscono derivano dalla sensazione di una mancanza di controllo sulla loro vita. Dare al proprio figlio la possibilità di scegliere gli consente di percepire un maggiore controllo sulla situazione e di affrontarla con minori resistenze. Questa modalità, inoltre, rinforza l’autostima dell’adolescente e favorisce l’insorgere di una reale motivazione a iniziare un percorso terapeutico.

Un lavoro di sostegno alla genitorialità può essere utile per qualunque tipo di problema, non importa quanto piccolo o grande possa sembrare. In molti casi, un percorso di sostegno può aiutare i genitori a individuare dei pensieri, delle emozioni o dei comportamenti poco funzionali che con il passare del tempo potrebbero ostacolare l’equilibrio nelle relazioni familiari. Inoltre, un lavoro di sostegno alla genitorialità permette ai genitori di acquisire delle capacità di autoriflessione e di autoconsapevolezza utili per affrontare al meglio altri momenti difficili futuri nella crescita dei propri figli.

Sì, le prestazioni di natura clinica erogate da Psicologi e Psicoterapeuti rappresentano una spesa detraibile nella Dichiarazione dei Redditi (Modello 730 o Modello Unico Persone Fisiche) dei pazienti. La normativa fiscale prevede infatti la detraibilità in dichiarazione dei redditi di queste spese poiché le stesse vengono assimilate (anche se non hanno prescrizione medica) alle prestazioni medico-sanitarie.